Parlare di recupero del territorio è molto facile da scrivere ma non è altrettanto semplice metterlo in pratica. La Fondazione Manarola, vuole dare spazio ai veri “attori” di questa importantissima opera a beneficio della sopravvivenza del nostro fragile territorio.
Il sostegno economico dei soci, delle istituzioni e delle attività commerciali e ricettive locali è fondamentale e indispensabile per proseguire il percorso virtuoso, del recupero del territorio, ma da solo non è sufficiente. Occorrono braccia, forza, costanza e tanta voglia di imparare, caratteristiche mostrate da tutti i ragazzi che lavorano quotidianamente “sul campo”.
Chi sono? Perché sono arrivati qui? Sono felici di fare questo lavoro? Sono consapevoli dell’importanza del loro impegno? Si stanno dedicando con passione alla preservazione del nostro territorio, quasi come se fosse quello dove sono nati, eppure non sappiamo quasi niente sul loro passato. L’intenzione, perciò, è quella di rispondere a queste numerose domande, raccontando, in più articoli, la loro storia, che non è banalmente quella dei “rifugiati africani”. Non sono solo immigrati, ma hanno un volto, un nome, speranze e desideri, oltre che una storia da raccontare.
La collaborazione tra la Fondazione Manarola, Caritas Diocesana La Spezia – Sarzana – Brugnato, Parco Nazionale Cinque Terre, Fondazione Carispezia e Aesseffe Agenzia Servizi Formativi, ha dato vita al programma di formazione offerto ai rifugiati in cerca di lavoro, ma anche di uno scopo. Il programma ha come obiettivo il recupero del territorio, attuato attraverso lo studio della teoria, prima, della pratica, poi. In questo modo si formano nuove figure professionali che possono trovare impiego (come è successo) nelle aziende agricole del territorio.
Il rapporto che Giancarlo Celano (responsabile progetto della Fondazione Manarola, ndr.), è riuscito ad instaurare con i ragazzi è quasi paterno; tutti loro si sentono “coccolati” come figli e Giancarlo con la pazienza di un genitore insegna loro come prendersi cura del territorio e ad incoraggiarli mentre lavorano. Giancarlo insegna loro come si disbosca, come si (ri)costruisce un muro a secco e come su utilizzano gli strumenti appositi. Il saper lavorare i campi ha un valore inestimabile perché Giancarlo e altre poche persone della sua generazione sanno come si fa. I ragazzi sono grati a Giancarlo anche per altri motivi, oltre a quello di avergli insegnato un lavoro. Questo è un esempio virtuoso di integrazione, che deve essere raccontato.
Prima di proseguire, vogliamo chiarire una cosa. Queste persone non vogliono essere sotto i riflettori. Non condivideremo perciò i loro nomi, né ogni dettaglio del loro viaggio che li ha portati qui. Vogliamo semplicemente condividere una parte della loro storia in segno di gratitudine per il loro impegno che non serve solo a migliorare la loro vita ma anche a proteggere e conservare il territorio di Manarola.