I protagonisti del recupero del territorio – La storia di Gibril

Gibril* – Nigeria (Africa Occidentale)

Gibril era un costruttore e proprietario di un piccolo negozio in Nigeria prima che la sua vita fosse completamente stravolta. È un ragazzo giovane, nato in una famiglia numerosa, 6 in totale tra fratelli e sorelle. Ci racconta che viveva bene, là, nel suo paese, ma da un giorno all’altro è passato dall’essere un lavoratore ad essere un fuggitivo, costretto a scappare da un gruppo militante violento che voleva rovesciare il governo locale. Il cambiamento è stato così repentino che non si è nemmeno accorto di essere Italia. cambiamenti, era in Italia per provare a costruirsi una nuova vita.

Ho perso tutto e ho dovuto ricominciare da capo“, afferma. I ricordi della sua casa e della vita che sperava di costruirsi e ha perso, si manifestano con una tristezza profonda che vela i suoi occhi scuri. “Non è facile per me parlare del mio passato”, racconta mentre pensa agli anni che, a suo parere, sono stati sprecati.

Nonostante questa amarezza, spera che “Dio mi darà la forza di andare avanti. Questa è la cosa più importante“.

Pensando al futuro, gli piacerebbe trovare lavoro in Italia come costruttore, visto che, grazie a suo zio, ha imparato il mestiere. Per questo trova la gioia come lavoratore a Manarola attraverso l’aiuto della Caritas e della Fondazione Manarola. “È un lavoro fantastico. Nel mio paese, ero un costruttore e mi piace costruire i muri a secco qui. Lo adoro“.

Gibril non si rende conto dell’importanza che il suo lavoro e quello dei suoi colleghi ha per la sopravvivenza del territorio e del borgo, visto che pensa di svolgere “solo” un lavoro. “Un anziano del posto, mi ha detto, qualche giorno fa, che questo posto è qui da più di 1.000 anni. Tutto ciò che vediamo è stato ereditato”. Questa persona lo ha ringraziato per il tempo e l’impegno che ha dedicato al recupero e alla sopravvivenza di questo fragile territorio e forse Gibril, sembra aver compreso di più l’importanza del suo ruolo.

Anche se Gibril spera di poter costruirsi una vita in Italia, è consapevole che non sarà né facile né definitivo. Nel suo paese tutto dipende dalla situazione politica del momento per poter lavorare.

Quando riesce a parlare con sua madre per telefono, lo incoraggia ad andare avanti, a dimenticare la sua vita in Nigeria e in Africa. “Fino a quando lei sentirà la mia voce, saprà che sto bene”.

Gibril sta aspettando come i suoi colleghi di avere aggiornamenti sull’approvazione del rinnovo dei loro permessi di soggiorno. È desideroso di sapere, prima possibile, la sua condizione futura in Italia: “Ciò che conta di più per me in questo momento è avere i documenti necessari per vivere con dignità in Italia come qualsiasi altra persona. Questo speranza mi fa stare bene”. È consapevole che ha fatto tutto ciò che poteva e ora non gli resta che aspettare. “Se il governo decidesse domani che tutti gli immigrati debbano lasciare l’Italia, dovrò per forza trovare un’altra strada…Così è la vita”.

Per il momento Gibril svolge con piacere il lavoro nei campi della Fondazione e cerca di non preoccuparsi troppo per il suo futuro, non cambierebbe molto. Ci tiene a ringraziare gli amici che ha trovato a Beverino, che lo hanno accolto e introdotto nella comunità locale.

La cosa più importante è la vita. Quando hai la vita puoi scegliere di vivere come vuoi”. Quello che Gibril cerca di dirci è che al momento è come se fosse in un limbo Ovvero Gibril sta aspettando i documenti che gli permetteranno di avere una vita in Italia e poi potrà costruirsi il suo futuro.

 

*I nomi sono stati cambiati su richiesta degli intervistati per motivi di privacy
**Le interviste sono state svolte da Erica Zwieg e Sara Zoppi, collaboratrici Fondazione Manarola